La ricerca che ha condotto alla Tecnologia Biosynt nasce dall’idea di poter rendere più resistente il corpo all’inquinamento elettromagnetico con un supporto posto in contatto o in vicinanza di esso che renda più stabile il sistema di regolazione elettromagnetica del corpo. Il sistema elettromagnetico del corpo si basa sul fatto che le cellule dell’organismo ricevono e trasmettono segnali elettromagnetici alla velocità della luce, per una regolazione istantanea di organi e funzioni e che il DNA, sede del codice genetico, posto in ciascuna cellula, funziona come “un’antenna ricetrasmittente”. Dunque il sistema elettromagnetico del corpo funziona analogamente a un sistema Intranet di informazione istantanea dei 100mila miliardi di cellule che costituiscono il corpo umano e il dispositivo BioSynt (supporto “informato” con Tecnologia BioSynt) agisce come sintonizzatore di frequenza della rete di trasmissione Intranet organica. L’approcio è conforme alla filosofia, all’etica e alle nuove tendenze di Biohacking, inteso come lo sviluppo di processi virtuosi, la ricerca di comportamenti, innovazioni e strumenti che preservino la salute dell’individuo e ne riducano i potenziali deficit, evitando soluzioni invasive o non opportunamente verificate e “fai da te”.
La “Tecnologia BioSynt” è di particolare utilità, mantenendo l’assetto normale dei punti cutanei e la funzionalità degli organi interni connessi, prevenendo i danni derivanti da Geopatie ed Elettrosmog. Così si preserva la salute, mantenendo il corretto funzionamento degli organi e tessuti disturbati dall’inquinamento elettromagnetico e dell’organismo nel suo insieme. Il supporto BioSynt entra in risonanza passiva con l’attività elettromagnetica del corpo e la sintonizza su se stessa, preservandola dall’inquinamento elettromagnetico caotico. L’attività di sviluppo del know how iniziale si concentra ogni giorno sulla ricerca dei materiali più idonei e sui metodi di test di validazione clinica e scientifica.
Calore e luce sollecitano l’attività chimica del corpo e la regolano. L’evoluzione* degli esseri viventi ha come comune matrice l’irradiazione di calore, insieme con l’associazione con segnali elettromagnetici specifici nello spettro dei fenomeni della luce visibile (700-350 nanometri di lunghezza d’onda), infrarossa (700-1200 nanometri), ultravioletta (350-100 nanometri). La cellula funziona con una certa temperatura ed è regolata da segnali biochimici-fisici. Tale temperatura e tali segnali possono essere disturbati da interferenze elettromagnetiche, elettrosmog e geopatie. In presenza dei supporti BioSynt, le cellule tendono a riconoscere la sintonia originaria corretta e a ignorare le attività di disturbo presenti nell’ambiente. In tal modo sono in grado di mantenere in funzione al meglio i processi vitali. Il dispositivo come un sensore passivo, sente ovvero rileva l’emanazione elettromagnetica del corpo ovvero il suo calore e lo influenza quel tanto che basta per normalizzare, in tempo reale, le variazioni bioelettroniche istantanee provocate al corpo quando sopraggiungono interferenze elettromagnetiche significative. Ciò lo rende un efficace supporto di prevenzione.
La BST (BioSynt Technology) è una Bio Tecnologia poiché si tratta di una nanotecnologia capace di influire sulla biologia. La BST è potenzialmente configurabile su diversi supporti e materiali, su polimeri molto diffusi e di nuova generazione, per dispositivi* (sensori) wireless passivi (WPD o WPS).
*Il dispositivo funziona come un transponder chipless passivo (senza alimentazione, senza chip e quindi senza memoria digitale), in un sistema di riferimento in cui l’utilizzatore, con la propria irradiazione elettromagnetica, funge da reader (emettitore/lettore) analogico variabile, specificando che il transponder non lavora con frequenze radio o micronde.
Che cos’è un tag RFID senza chip?
“Chipless RFID”* è un termine generico per i sistemi che utilizzano energia RF per comunicare i dati ma non memorizzano un numero seriale in un microchip di silicio nel transponder. Alcuni tag senza chip utilizzano polimeri plastici o conduttivi anziché microchip a base di silicio. Altri tag senza chip utilizzano materiali che riflettono una parte delle onde radio irradiate verso di loro. Un computer scatta un’istantanea delle onde irradiate all’indietro e lo utilizza come un’impronta digitale per identificare l’oggetto con il tag. Le aziende stanno sperimentando l’incorporamento di fibre riflettenti RF nella carta per impedire fotocopie non autorizzate di determinati documenti. Esistono inchiostri che riflettono le onde radio posteriori a determinate frequenze, consentendo agli agricoltori, ad esempio, di tatuare un transponder RFID senza chip su un animale a scopo di identificazione. fonte RFID Journal
*“Chipless RFID”. Ci preme evidenziare come la definizione “RFID chipless”, correntemente utilizzata sia impropria, in quanto il transponder, non avendo chip, interagisce in regime rf, ma non consente un identificazione univoca diretta (ID), in temini di lettura digitale delle informazioni. Ciò è possibile soltanto indirettamente, mediante sofisticati sistemi di misurazione degli effetti delle frequenze di lavoro. Quindi per quanto ci riguarda, risulta più coerente la definizione “rf chipless tag”.
Nel caso specifico dei dispositivi BioSynt risulta impropria anche la definizione rf (radiofrequenza), in quanto il dispositivo non lavora con onde radio o microonde, tipiche delle tecnologie dei tag/transponder. Tale definizione risulta però coerente se per “radio” intendiamo rappresentare il termine radiazione, usato convenzionalmente per tutto lo spettro elettromagnetico. Infine, per i dispositivi che lavorano a frequenze più elevate, prossime o coincidenti con lo spettro luminoso visibile, tipici dei metamateriali e dei biomateriali* ottenuti con le nanotecnologie, opportunamente viene usata per convenzione, la definizione “sensori”.
*biomateriali. Tutti gli oggetti con temperatura superiore allo zero assoluto emettono energia sotto forma di radiazioni luminose. La maggior parte delle volte queste radiazioni sono invisibili all’occhio umano, poiché a frequenza inferiore a quella della luce dello spettro visibile. In campo biomedico (nanomedicina**), si parla di doppia interazione tra il biomateriale e l’organismo ricevente: il biomateriale provoca una risposta biologica dell’organismo, che a sua volta causa un processo di “gradazione” nel biomateriale stesso. Le interazioni avvengono a diversi livelli: fisico-chimico, molecolare e cellulare. L’ambiente operativo di un biomateriale è fisiologico, caratterizzato da una notevole attività chimica e da un elevato intervallo di sollecitazioni meccaniche. I biomateriali interagiscono con i sistemi biologici, siano essi tessuti viventi, microrganismi o organismi e con i fluidi biologici.
** Nanomedicina. La nanotecnologia si occupa della progettazione e realizzazione di strutture su scala dimensionale nanometrica (nanomateriali). I nanomateriali sono caratterizzati non soltanto dalla dimensione “nano”, ma anche da proprietà peculiari, che li distinguono dai relativi sistemi di dimensioni macroscopiche. Tali proprietà hanno permesso lo sviluppo di nanomateriali biocompatibili per imaging, terapia e ingegneria tissutale che hanno già diverse applicazioni in medicina. Fonte: Istituto Superiore di Sanità www.iss.it
In merito all’interazione con la materia vivente, la nascita di questa tecnologia deriva dalle ricerche del biologo russo Alexander Gurwitsch (1874-1954) negli anni 20 del secolo scorso, che notò come la velocità di riproduzione cellulare aumentasse quando le colture cellulari venivano irradiate con determinate frequenze di raggi ultravioletti. Ricerche analoghe furono condotte in Italia da allievi di Guglielmo Marconi (1874-1937) e in Francia da Georges Lakhowsky (1870-1942) con l’assistenza tecnica di Nikola Tesla (1856-1943). Lakhowsky e Tesla costruirono circuiti oscillanti in grado di entrare in risonanza con le attività elettromagnetiche fisiologiche del corpo e in grado di far regredire anche malattie autoimmuni e tumorali. Il fisico francese Louis De Broglie (1892-1987) parla di “onde di luce” per la regolazione delle attività vitali.
Negli anni 80 il fisico Fritz Albert Popp (n.1938) a Vienna dimostrò che l’attività del DNA cellulare includeva anche una funzione di antenna ricetrasmittente tramite la quale ciascuna cellula del corpo entra in comunicazione con l’insieme delle cellule del corpo (100mila miliardi), regolando così la propria attività con le attività di ogni altra cellula. In tal modo si mantiene la salute, che si può identificare semplicemente con la capacità delle cellule di comunicare fra loro.
L’assenza più o meno estesa di comunicazione conduce a malattia. Perciò il concetto di salute coincide con quello di comunicazione. Basti pensare che ogni secondo nel corpo muoiono 10 milioni di cellule e 10 milioni di cellule devono essere ripristinate esattamente nello stesso modo, cioè nelle stesse identiche proporzioni di tipi cellulari.
A partire dagli anni 50 il medico tedesco Reinhold Voll (1909-1989) dimostrò la relazione fra punti di agopuntura ed organi interni, consentendo l’esecuzione di veri e propri check-up elettronici basati sulla misurazione dei parametri elettrici dei punti di agopuntura. Sulla superficie cutanea sono stati localizzati circa 3000 punti, dei quali 400 sono quelli più importanti, che vengono misurati sistematicamente nel corso di un check-up. L’alterazione di un parametro elettronico del punto, corrisponde ad un problema dell’organo a cui è connesso. Il sistema dei punti di agopuntura costituisce una rete di comunicazione esterna sulla superficie del corpo e di comunicazione della superficie del corpo con gli organi interni e viceversa.
Ciò significa che si può intervenire su un organo attraverso il punto o i punti a cui è connesso. Nell’agopuntura classica si utilizza a questo scopo un ago che di per sé è un dipolo elettrico, costituito da due metalli (di solito ferro e rame o ferro e argento), che formano fra di loro un potenziale bimetallico. Per quanto concerne i problemi posti dall’elettrosmog, cioè l’inquinamento ambientale da campi elettromagnetici, la misurazione dei punti di agopuntura con il metodo di Voll è l’unico metodo in grado di valutare in tempo reale le alterazioni da esso provocate.
A partire dal 1996, nel corso di 20 anni di ricerche, Flavio Gazzola, medico, allievo di Reinhold Voll, riuscì a dimostrare che i primi punti particolarmente sensibili alle interferenze elettromagnetiche, sono i punti del sistema neurovegetativo che costituiscono “l’impianto elettrico” del corpo. Perciò misurando tali punti si può valutare l’effetto dell’elettrosmog e l’efficacia dei sistemi per evitarne o attenuarne l’impatto sul corpo umano.
*Il movimento del nucleo ferroso liquido del pianeta, dovuto alla rotazione terrestre, genera forti campi magnetici, orientati in senso nord-sud. Tali campi sono associati anche a produzione di calore, che è il primo carattere degli esseri viventi più evoluti, appartenenti alla Classe dei Mammiferi, di cui fa parte anche l’Uomo.
L’irradiazione magnetica naturale è filtrata dalla crosta terrestre, in modo piuttosto omogeneo. In alcuni punti della crosta tuttavia vi sono strati minerali più sottili e porosi che consentono il passaggio di una irradiazione elettromagnetica maggiore, associata a maggior calore, dall’infrarosso all’ultravioletto, nel cui ambito sono compresi tutti i fenomeni vitali.
In epoca preistorica si utilizzavano come luoghi di terapia, camere anecoiche naturali costituite da canali di pietra posti in contatto con lastre di pietra sporgenti dal terreno anche oltre quattro metri, infisse verticalmente nel terreno in luoghi particolarmente ricchi di attività geomagnetica. I canali erano posti in direzione nord-sud, secondo per entrare in risonanza e raccogliere al meglio le emissioni geomagnetiche, provenienti dalla lastra verticale.
La lastra di pietra verticale, da una parte era quindi in comunicazione con i canali orizzontali costituiti da muretti di pietre paralleli, in origine chiusi a volta nella parte superiore, in modo da formare una sorta di bobina minerale per via del ferro presente nelle rocce, mentre dalla parte opposta era in contatto con due semicerchi di pietre, in forma di antenna minerale.
I pazienti si disponevano di fronte alla lastra, all’interno dei due semicerchi, oppure in un incavo scavato alla base della lastra verticale in forma di volta di pietra per ricevere le radiazioni elettromagnetiche a scopo terapeutico e in modo differenziato, a seconda del disturbo e della parte del corpo.
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